Multa da 7.000€, se ci si insulta in casa adesso è reato: anche tra le mura domestiche bisogna mantenere un certo decoro

Coppia che litiga (foto di RDNE Stock project da pexels) - bitontotv.it
Attenzione alle parole che usi anche in casa: gli insulti possono costarti caro anche tra le mura domestiche. Sono reato.
Capita a tutti prima o poi di perdere la pazienza. Una parola di troppo, un tono più alto del solito, uno sfogo. Ma ci sono momenti in cui gli insulti non sono più solo un fatto temporaneo, diventano parte di una triste quotidianità.
In casa dove ci si sente al sicuro, protetti da occhi – e orecchie – indiscreti, è facile abbassare la guardia. Ma è importante ricordare che il rispetto reciproco non può mai venire meno, nemmeno nei momenti difficili.
Un insulto può ferire più di quanto si immagini. Quando le parole offensive diventano un’abitudine, un modo costante di rivolgersi all’altro, si crea un clima pesante, che lascia segni profondi, invisibili ma reali. la situazione diventa logorante, e i rapporti si fanno sempre più tesi, fino a sfaldarsi del tutto.
Oggi anche la giustizia riconosce che la violenza non è solo fisica, ci sono ferite che si infliggono con le parole, e anche col silenzio. E insultarsi in casa può costare caro.
Multa a chi si insulta in casa
Ci riferiamo ad un recente caso finito davanti alla Corte di Cassazione, che ha segnato un punto di svolta su questo fronte. Come riporta brocardi.it, una donna era stata condannata in primo grado a due anni e sei mesi di reclusione per maltrattamenti nei confronti del marito, aggravati dalla presenza del figlio minorenne. Insulti continui, frasi denigratorie, pressioni psicologiche e un clima di tensione costante avevano reso la convivenza insostenibile.
La Corte d’Appello, però, aveva ribaltato la sentenza, ritenendo che le offese e le minacce – in assenza di violenza fisica – non bastassero a configurare un reato. Ma la Cassazione, con la sentenza n. 14522 del 2022, ha detto chiaramente che non è così: anche solo le parole, se usate con cattiveria e in modo reiterato, possono costituire maltrattamenti.

La sentenza
In particolare, i giudici hanno riconosciuto che le aggressioni verbali da parte della donna, le umiliazioni, le minacce e l’isolamento erano parte di uno schema messo in atto per svalutare il marito anche di fronte al figlio.
La sentenza ha un significato profondo che non si può negare: non importa se chi maltratta è un uomo o una donna, né se lo fa con le mani o con la voce. Ciò che conta è il danno inflitto, il dolore provocato. Anche in famiglia, anche in casa propria, le parole hanno un peso. E adesso, anche un prezzo.